Nulla a che spartire con l’origine del mestiere, quando il calzolaio era l’artigiano che produceva le scarpe, calzature di ogni forma e foggia, per i nobili e per i poveri. Cuoio, legno, gomma, iuta: i materiali cambiavano a seconda dell’epoca e del territorio, dell’utilizzo della calzatura e delle disponibilità del cliente.
Poi, progressivamente, il ciabattino si è trasformato da produttore in riparatore, lasciando alle industrie il compito di fabbricare le calzature che l’artigiano si limitava ad aggiustare. Perché le scarpe si “accomodavano” e non si buttavano via se non quando erano completamente distrutte. Questo non solo nelle famiglie più povere, ma anche nelle case della media borghesia italiana (e spesso pure nelle famiglie più ricche) abituata al risparmio come atteggiamento mentale prima ancora che economico.
Dal calzolaio si andava per un tacco staccato, per risuolare le scarpe, per sistemarle quando dal fratello maggiore passavano a quello minore. E se era una femmina, pazienza: le scarpe venivano passate ugualmente. L’ultimogenito era il più penalizzato perché non solo si ritrovava ad indossare le calzature adoperate prima dai fratelli, ma doveva anche continuare ad utilizzarle quando le scarpe erano divenute piccole e corte. Allora si ricorreva al ciabattino affinché collocasse le scarpe su apposite apparecchiature che allungavano la calzatura il più possibile. Quel mezzo numero in più che, insieme all’inevitabile sofferenza per i piedi dello sfortunato («fai un fioretto alla Madonna»), permettevano di non dover acquistare una scarpa nuova almeno per un’altra stagione.
Per lo stesso motivo, il risparmio ad ogni costo, era rigorsamente vietato ai ragazzi giocare a pallone non solo con le scarpe “buone” ma anche con quelle di uso quotidiano. E visto che le scarpe da calcio erano un lusso, agli appassionati della sfera di cuoio (particolarmente abrasiva, in quegli anni) restava la scelta tra giocare a piedi nudi o andare incontro all’inevitabile sgridata serale.
Ora dal ciabattino non si va quasi più. E una scarpa fatta a mano da un artigiano è un lusso che pochi possono permettersi. Il calzolaio non è però sparito. è diventato un artigiano di grande qualità che lavora solo per riparare calzature di grande marca e di costo elevato. Perché una scarpa made in China non si ripara quando si rompe: si butta direttamente nel cassonetto. Calzature che, in occasione dei saldi, vengono vendute anche a meno di 15 euro e che rendono del tutto inesistente il risparmio per una eventuale riparazione. Costerebbe più il lavoro dell’artigiano che non acquistare una scarpa nuova.
Con alcune differenze da non sottovalutare: la calzatura artigianale, realizzata con materiale di qualità e garantito, dura di più ed è sana. Non danneggia piedi e colonna vertebrale. Le scarpe a basso costo sono anche di bassa qualità, di scarsa durata e sono realizzata con materiali e colori di cui è lecito dubitare.