La vita è un gioco con molte regole ma senza un arbitro. Si impara a giocarlo osservando più che non consultando dei libri, incluso il Libro Sacro. Non sorprende, quindi, che tanti giochino in modo scorretto, così pochi vincano, e molti perdano. […]
Il mondo in cui vi accingete a entrare ed esistere non ha una buona reputazione. Si è comportato meglio sotto il profilo geografico che sotto quello storico; è ancora molto più attraente per il suo aspetto che non per la sua società. Non è un bel posto, come presto scoprirete, e dubito alquanto che sarà migliorato quando lo lascerete. E tuttavia, è l’unico mondo disponibile: non esiste alternativa, e se esistesse non c’è garanzia che sarebbe migliore. Là fuori è una giungla, o anche un deserto, una china scivolosa, una palude, eccetera – letteralmente e, ciò che è persino peggio, metaforicamente. Eppure, come ha detto Robert Frost, “il modo migliore per venirne fuori è sempre buttarsi dentro”. Ha detto anche, ma in un’altra poesia, che “essere sociali vuol dire perdonare”. Ed è con alcune osservazioni su quest’idea del buttarsi dentro che vorrei concludere.
Sforzatevi di non prestare attenzione a quelli che cercheranno di rendervi la vita infelice. Ce ne saranno molti – professionisti e dilettanti. Sopportateli se non potrete evitarli, ma una volta che ve ne sarete liberati non prestate loro la minima attenzione. Soprattutto, evitate di raccontare la storia di come siete stati trattati ingiustamente, per quanto la gente possa ascoltarvi con interesse. Racconti di questo tipo prolungano l’esistenza dei vostri antagonisti; molto probabilmente essi confidano nel fatto che voi parliate e raccontiate la vostra esperienza ad altri. Di per sé, nessun individuo vale lo sforzo di un’ingiustizia (o, in effetti, della giustizia). Il rapporto uno a uno non giustifica lo sforzo: è l’eco che conta. È questo il concetto fondamentale di ogni oppressore, che abbia dietro di sé uno Stato o che sia un autodidatta. Quindi rubate l’eco, o attenuatela, non lasciate che un avvenimento, per quanto sgradevole o importante, pretenda di durare più a lungo della sua durata effettiva.
Quello che i vostri nemici fanno acquista significato e importanza secondo il modo in cui voi reagite. Per cui, affrettatevi a superarli come se fossero semafori gialli, e non rossi. Non indugiate su di loro mentalmente o verbalmente; non gloriatevi del fatto di perdonarli o di dimenticarli – e, nel caso ciò avvenisse, date la precedenza al dimenticare. In questo modo risparmierete alle cellule del vostro cervello un sacco di agitazione inutile; in questo modo, forse, potreste anche salvare i vostri nemici da se stessi, dato che la prospettiva dell’oblio è più corta di quella del perdono. Per cui, cambiate canale: se non potete cancellare la stazione televisiva, potete almeno abbassare l’indice d’ascolto. Ora, questa soluzione probabilmente non vi porterà in paradiso ma, lo ripeto, farà male ai demòni, e per il momento è questo che realmente conta.
[da Il profilo di Clio, Adelphi]
PH. Credits: Dandy Shoe Care